Analisi ed appunti su "Breve avviamento alla filologia italiana". Viene trattato il tema del manoscritto, e la pratica di trasmissione dei testi.
Filologia della letteratura italiana
di Gherardo Fabretti
Analisi ed appunti su "Breve avviamento alla filologia italiana". Viene trattato il
tema del manoscritto, e la pratica di trasmissione dei testi.
Università: Università degli Studi di Catania
Facoltà: Lettere e Filosofia
Esame: Filologia della letteratura italiana
Docente: Antonio di Silvestro
Titolo del libro: Breve avviamento alla filologia italiana
Autore del libro: Alfredo Stussi
Editore: Il Mulino
Anno pubblicazione: 20021. L'allestimento del manoscritto
LIBRO, CODICE, VOLUME, MANOSCRITTO E STAMPA. Tendiamo a non fare distinzioni tra libro e
volume, ma anticamente il volume era tecnicamente il rotolo di papiro avvolto con la parte scritta all'interno
in maniera da proteggere il contenuto. Parliamo inoltre di manoscritto a partire dalla nascita del libro a
stampa, nel '400. Una maggiore diffusione del libro a stampa non implica però la scomparsa del manoscritto,
così che il filologo può finire per occuparsi anche di fogli scritti di proprio pugno da un Leopardi o un
Carducci.
La stampa è opera dell'orafo di Magonza Johannes Gutenberg, che stampò nel 1455 la prima Bibbia a
caratteri mobili. Si procedeva alla formazione della forma tipografica disponendo le pagine in maniera tale
che piegando poi i fogli si formasse un fascicolo dove le pagine si succedevano in ordine.
La stampa aveva però gli stessi problemi del manoscritto dell'amanuense, da cui comunque spesso derivava.
L'ALLESTIMENTO DEL MANOSCRITTO. Si parte dal foglio di pergamena o carta, rettangolare e di
uguale misura, piegati a metà e inseriti l'uno nell'altro a formare fascicoli di varia consistenza. Un foglio
piegato in due è il bifolio; due fogli piegati fanno il duerno; tre il ternione; quattro il quaternione e così via.
Di solito un codice è fatto di fascicoli della stessa natura; in caso contrario si ha un codice misto. L'unità di
misura è la carta ed equivale alla metà di un foglio piegato.
Oggi si numerano le singole facciate, mentre prima si contavano le carte (20 fogli, 40 carte, 80 pagine
nostre). La scrittura procedeva a fogli separati e a partire dal foglio esterno si riempiva solo la metà sinistra
(recto e verso) fino al foglio interno centrale, poi si iniziava dall'interno destro fino all'esterno destro.
Se c'è una perdita parziale o totale di un fascicolo il codice si dice mutilo; se il fascicolo perduto è all'inizio
si dice acefalo. Può anche capitare che vi sia una piegatura sbagliata e il foglio sia inserito a rovescio. Una
volta terminata la rilegatura si inserivano dei fogli bianchi di guardia e i piatti, cioè le copertine rigide.
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Filologia della letteratura italiana 2. Definizione di amanuensi e copisti
AMANUENSI E COPISTI. L'amanuense indica generalmente chi scrive a mano. Con copista si fa
riferimento alla persona che trascrive un manoscritto ad un altro, e si distingue il copista per mestiere dal
copista per passione. Quello per mestiere è un lavoratore motivato, di solito, solo da ragioni economiche,
che copia quindi in maniera meccanica e impersonale; quello per passione è spinto da interesse personale
verso il testo, tanto che cerca a volte di correggerlo e migliorarlo. Parliamo anche di copia di servizio, copia
per un amico o per uso privato.
A volte due amanuensi lavorano allo stesso testo per dimezzare i tempi di produzione. Ai codici di lusso
lavoravano più amanuensi specializzati.
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Filologia della letteratura italiana 3. Le caratterisriche delle scritture antiche
LE SCRITTURE ANTICHE. Quando parliamo di scritture antiche dobbiamo innanzitutto pensare ad una
esigua minoranza della popolazione capace di scrivere correttamente e di leggere. Una così esigua
minoranza di uomini capaci di tenere la penna in mano faceva sì che le calligrafie fossero più o meno tutte
uguali, con un marginale individualismo calligrafico. Coloro che in un dato periodo e in un dato territorio
erano capaci di scrivere, lo facevano pressappoco alla stessa maniera. Distinguiamo tra maiuscole e
minuscole e tra esecuzione lenta e accurata (la scrittura posata) ed esecuzione veloce e poco accurata (la
scrittura corsiva). Dopo la disgregazione dell'Impero Romano la scrittura latina si sfaldò in tipi
corrispondenti alle varie articolazioni territoriali, comparendo i modi di scrittura beneventani, merovingi,
visigotici eccetera. Con Carlo Magno si ritorna ad appoggiare il restauro della lingua, dell'ortografia e delle
forme grafiche latine che diedero vita alla scrittura carolina, una scrittura minuscola che usava un alfabeto
molto simile a quello impiegato nei nostri attuali libri a stampa. La carolina aveva due varietà: quella più
accurata, usata nei testi, e quella corsiva, usata nei documenti (la minuscola cancelleresca). Una opposizione
che si irrigidì quando, tra XI e XII secolo, quando nella versione accurata il tratteggio rotondeggiante si fece
spigoloso, con un'alternanza di linee verticali grosse e linee orizzontali sottili resa possibile dal taglio
obliquo della penna. Una versione che dominò fino al Quattrocento, quando fu ripudiata perchè giudicata
barbara e prese il nome di scrittura gotica. La gotica ebbe successo in Francia e soprattutto in Germania,
dove è ancora utilizzata; in Italia ebbe forme più lievi e tondeggianti perchè l'Umanesimo forgiò la scrittura
umanistica, distinguendone un tipo posato (la antiqua) da un tipo corsivo (la italica). Qualsiasi sia la scrittura
impiegata, troviamo delle vistose peculiarità grafiche.
- assenza quasi totale di segni diacritici.
- Criteri incostanti nella separazione delle parole
- parole comuni scritte in forma abbreviata traite segni speciali (si risparmiava carta e tempo): cum e et
sostituite dalle note tironiane 9 e 7; tanto scritto tato con trattino in alto al posto di n (il titulus); ondina al
posto di R o di sillaba con R; linea intersecante le aste di D, L , P e S per DE, LE, PE e SE.
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